Storia di un simbolo del Parco delle Cave (1989 – 2007)
Il Parco delle Cave/Parco Petrarca è il terzo parco di Milano per dimensioni, dopo il parco Nord e il parco Forlanini, con un’estensione pari a 135 ettari. Situato nella parte ovest della città, compreso tra i rioni di Baggio, Quinto Romano e Quarto Cagnino, è caratterizzato da quattro bacini artificiali, boschi, corsi d’acqua, orti urbani, un’area agricola con marcite, la petrarchesca Linterno/Infernum e l’antica cascina Caldera, tuttora attiva. Insieme al Boscoincittà e al parco di Trenno costituisce parte del parco agricolo Sud Milano.
Questo logo è stato realizzato nell’epoca pionieristica del Parco delle Cave, anni prima della sua istituzione, per divulgare i potenziali naturalistici, paesaggistici e storici di questo splendido polmone verde ancora in attesa di acquisizione pubblica.
Subito dopo la firma della convenzione con ItaliaNostra nella gestione del Parco delle Cave (1997), esplose lo spaccio di droga, che costrinse CFU-Italia Nostra e le venti associazioni territoriali convergenti nel Comitato per la Salvaguardia del Parco delle Cave, a coinvolgere tutte le istituzioni al fine di riportare il Parco nella legalità.
Il logo divenne il simbolo del Comitato per la Salvaguardia del Parco delle Cave.
Al termine di questa vittoriosa battaglia contro la droga e l’illegalità, il Parco delle Cave/Parco Petrarca divenne il più bel polmone verde inserito nel tessuto urbano, un parco naturalistico e storico legato alla dimora di Petrarca, mantenuto nel paesaggio rurale medievale, che conservava le centuriazioni di età romana e le paludi naturali trasformate in cave nel ‘900.
Gli habitat naturalistici vennero valorizzati da Italia Nostra che, con questa innovativa progettualità, ottenne – per il comprensorio del Parco delle Cave e Boscoincittà – il riconoscimento di “Tesoro del Mondo” da parte della “Federazione Mondiale Associazioni Club UNESCO”.
Questo logo fu accantonato nel 2007, quando il Comune di Milano decise il ridimensionamento del ruolo del CFU-Italia Nostra, limitato in pratica all’ordinaria manutenzione del Parco.
In parallelo, sorgeva un colosso di cemento, il PII Marchesi Taggia, incuneato tra le aree più preziose del Parco, con il colpevole silenzio di chi aveva il dovere morale di salvaguardarne il paesaggio, i percorsi storici e gli habitat.