‘La Solitudine di Linterno’ – disegno di Theo de Rigo (1998)
Presentazione Atti Convegno “Figura ed opere di Francesco Petrarca nel periodo milanese” Grechetto (2001)
http://www.ildonodivedere.com/?attachment_id=593
Sintesi dell’intervento di Massimo de Rigo
Vicepresidente dell’associazione “Amici Cascina Linterno” coordinatore del gruppo culturale che ha realizzato gli Atti del convegno “Figura ed opere di Francesco Petrarca nel periodo milanese”
Sintesi dell’intervento di Massimo de Rigo
Vicepresidente dell’associazione “Amici Cascina Linterno” coordinatore del gruppo culturale che ha realizzato gli Atti del convegno “Figura ed opere di Francesco Petrarca nel periodo milanese”
“Porgo il mio saluto a tutti gli intervenuti e al Console di Francia che ci ha onorato della sua presenza. Vorrei ringraziare il dottore Carrubba, la dottoressa Rossato e la dottoressa Franchini che ci hanno ospitato con squisita cortesia in questo luogo di prestigio; il dottor Verga, la dottoressa Iannace e i funzionari dell’assessorato alla Cultura della Provincia di Milano che hanno contribuito alla stampa delle pubblicazioni che oggi presentiamo.
Avrò il duplice ruolo di illustrare il nostro lavoro e quello di presentare gli amici che ci hanno sostenuto e sono stati l’anima di questo evento culturale.
Tre anni fa la nostra associazione decise di organizzare un convegno a Cascina Linterno per ricordare Francesco Petrarca, che visse un periodo fecondo nella nostra città: otto lunghi anni nel pieno della sua maturità. Noi ritenemmo che gli esperti potevano ricreare un’atmosfera magica, che si staccasse dalla realtà quotidiana, proprio a Cascina Linterno, un luogo dalla storia millenaria e immagine vivente del contado milanese all’epoca di Petrarca: l’antica “Infernum” – miracolosamente sopravvissuta ai terremoti urbanistici che, negli ultimi decenni, hanno cancellato un territorio che si tramandava una propria cultura, storia e tradizioni.
Cascina Linterno e le sue antiche aree agricole, destinati anni fa a soccombere seguendo il tragico destino di tanti altri luoghi dimenticati, sono oggi più che mai vivi – come vi ha già illustrato il presidente Gianni Bianchi – grazie ad un manipolo di volontari e ad un agricoltore tenace che hanno fatto da baluardo per difenderli dalle ruspe e dall’oblio.
Agli atti del convegno abbiamo voluto allegare una documentazione originale destinata agli esperti petrarchisti, frutto di un paziente lavoro di ricerca che ha coinvolto per oltre due anni il nostro gruppo culturale: è questo il motivo per cui solo a distanza di tre anni possiamo considerare conclusa la nostra fatica. Lo scopo non era aggiungere altre tesi a quelle già ampiamente esposte dai relatori, ma fornire documenti inequivocabili che confermassero o meno l’antica tradizione che accomuna Cascina Linterno a Francesco Petrarca.
La metropoli, avanzando, ha “divorato” località e riferimenti storici. Per fortuna, i documenti esistono ancora e indicano con chiarezza un itinerario da percorrere che riconduce ancora una volta Petrarca a Cascina Linterno. Siamo sinceramente riconoscenti ai funzionari degli archivi che si sono appassionati con noi aiutandoci in questa entusiasmante ma difficile indagine per riportare alla luce la verità.
Insieme abbiamo verificato l’autenticità dell’antica tradizione che risaliva ai contemporanei del sommo Poeta: l’antica “Infernum” – una “grangia” probabilmente templare all’epoca dei Pellegrinaggi in Terrasanta – è l’ultima residenza milanese sopravissuta di Francesco Petrarca. A Milano, delle sue quattro abitazioni storicamente accertate, Linterno è l’unica che ancora resiste, anche se logorata dal tempo. Alla Biblioteca Laurenziana di Firenze, una lettera autografa di Petrarca cita questo luogo in modo inequivocabile; uno dei primi incunaboli lo indica, con precise cordinate geografiche, come sua abitazione agreste prediletta.
Questi atti sono un doveroso omaggio a chi ha reso possibile questo convegno: agli esperti di Petrarca intervenuti, a cui va la nostra riconoscenza per aver divulgato la cultura con spirito di volontariato; agli splendidi Amici di Cascina Linterno che hanno dedicato tutte le loro energie perché questo luogo tornasse ad essere un punto di riferimento per la città.
Vorrei esprimere la mia gratitudine agli amici del gruppo culturale Renato Bosoni, Sergio Corada, Gian Carlo Dalto e all’artista e docente Gian Battista Vida, collaboratori preziosi ed entusiasti nelle indagini e nella realizzazione di queste pubblicazioni .
Un “grazie” con affetto alla preside, agli insegnanti e ai genitori della scuola media “Benedetto Marcello”, oggi presente con i figuranti in costume ed il plastico della Cascina, che hanno sviluppato un enorme lavoro per lo studio di Cascina Linterno ottenendone la tutela della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici.
Vorrei concludere, cercando di spiegare le motivazioni che ci spingono alla ricerca sul territorio e, in un ambito più vasto, a proporre cultura in periferia.
Nell’attuale società dinamica e razionalizzata spesso si sente la mancanza del “gran cuore” di Milano. Milano, metropoli industriale e finanziaria, con un indiscusso primato culturale, da tempo pare non tutelare più le testimonianze che hanno scandito la sua storia: i graffiti devastano antichi monumenti che il mondo c’invidia; la sua grande periferia è diventata anonima, apparentemente senza radici.
In questi rioni, a sproposito definiti “dormitorio”, spesso si ha la sensazione che Milano abbia tradito la sua vocazione policentrica che, quasi mille anni fa, diede vita ad una splendida e potente città in armonia con il suo contado. Per i meno giovani questa nostra città appare quasi estranea a quella, ben radicata nelle tradizioni, della propria infanzia.
Quale il nostro possibile ruolo? Aiutare a colmare questa frattura, riscoprendo la gente e i luoghi dimenticati che hanno reso questa nostra città grande, ricca di storia ma anche di umanità. Anche la pubblicazione “Il viaggio della Vita ad ovest di Milano” realizzata in occasione del Giubileo del terzo millennio e frutto di una lunga e appassionante ricerca, rientra nell’ambito di questa riscoperta dei “luoghi della memoria”.
Pensiamo di aver lavorato con serietà e spirito analitico, partendo sempre dall’amore verso la nostra città e oggi al “Grechetto” la risposta di Milano nei nostri confronti è in sintonia con i nostri ideali: una dimostrazione che il “gran cuore” di Milano ha voglia di battere ancora forte, come una volta…”
Sintesi dell’intervento del professore Nerio de Carlo. Saggista nei settori storico e linguistico ed insegnante per parecchi decenni. È autore di letteratura a sfondo storico e sociale. Ha tenuto splendide serate a Cascina Linterno, davanti al caminetto, per discorrere di toponomastica, miti e storia.
“C’è poco da aggiungere a quello che hanno detto gli amici Bianchi e de Rigo e io posso dare soltanto una definizione della Cascina Linterno: si tratta di “un antico gioiello di pietra e di luce” in mezzo alla città di Milano.
Per quanto riguarda l’associazione, dico soltanto che nella mia lunga carriera d’impegno culturale, avrei voluto avere dei collaboratori come gli amici della Cascina Linterno. Questo gruppo di autentici volontari della cultura ha prodotto parecchi risultati: convegni, incontri, discussioni ma soprattutto ha prodotto, oltre agli atti del convegno, un piccolo libro intitolato “Il viaggio della Vita ad ovest di Milano” di cui vorrei dire qualcosa.
Leggerò queste quattro righe riportate nell’invito di questa sera: “…Il viaggio della Vita ad ovest di Milano diventa, anche grazie alle illustrazioni, la calligrafia di un’epoca. Si legge in un’ora ma fa pensare a lungo. Nell’improbabile ipotesi che un giorno la storia locale compaia nei programmi scolastici, questo sarebbe il testo ideale”.
Gli amici della Cascina Linterno sono gli acuti ultimi cavalieri di epoche antiche. Con lo stesso coraggio, la stessa determinazione essi portano avanti il loro pensiero e il loro discorso: pensate che questo piccolo libro ha il coraggio di riabilitare i Templari ed indagarne l’attività, il coraggio di riabilitare il Barbarossa, contrariamente a quelle che sono le disposizioni miopi delle gerarchie scolastiche ministeriali. Non è cosa da poco.
Grazie, dunque, a questi uomini e a queste donne, che hanno saputo, anche con una cornice di giovanile bellezza, dimostrare questa sera la propria passione.
Il destino della Cascina Linterno mi è noto soltanto in parte e forse anche gli interessati non lo conoscono a fondo.
Shakespeare ebbe a dire che “La bellezza attira i ladri più dell’oro”. Sappiamo dunque che dobbiamo regolarci in proposito: Cascina Linterno è una dimensione di bellezza, può fare gola più dell’oro.
Occorre il massimo rispetto nella progettualità di recupero di questo luogo: rappresenta un lustro per Milano.
Questa sera vengono presentati gli atti del convegno sulla figura ed opere di Francesco Petrarca nel periodo milanese dove è contenuto più di quanto normalmente si possa racimolare negli archivi e nei volumi conservati nelle biblioteche.
Da pagina 53 a 67 c’è un’intelligente appendice. In questo contesto come appendice bisognerebbe fermarsi a considerare i documenti 56 e 67 i quali, secondo me, sarebbero sufficienti per dimostrare che Petrarca ha vissuto a Cascina Linterno e che quando scrisse “…la mia tranquillità è in un luogo ameno chiamato Infernum” intendeva parlare di questa antica costruzione che ancora resiste. Mi sono permesso di citare le pagine e il numero dei documenti perché sono certo che molti di voi rifletteranno su questo argomento: sono la mano fedele del pensiero, sono l’invito per un approfondimento. Un confronto tra studiosi sarebbe auspicabile e, ritengo, porterebbe alla conclusione che Francesco Petrarca ha veramente vissuto alla Cascina Linterno e che gli amici della Cascina Linterno hanno ragione. Certamente c’è luogo a contendere, certamente la parola “Infernum” che noi troviamo in alcuni documenti citati, non corrisponde alla parola “Linternum”, però se consideriamo le rotazioni consonantiche che anno avuto luogo durante il Medioevo, potremo renderci conto come le parole sono cambiate: oggi non esiste più “miradio”, oggi si dice “specchio”; oggi non c’è più una “sirocchia” poiché abbiamo una “sorella”. E, prendendo in considerazione questa scienza linguistica che si occupa delle rotazioni consonantiche, si potrebbe anche dimostrare che la “F” è una delle consonanti che che maggiormente ha cambiato nella storia della filologia a che probabilmente è molto parente della “T” come è molto parente della “P” quindi della “Ph” divenuta infine “F”.
Io ho finito e faccio i migliori auguri agli amici della Cascina Linterno, pregandoli di tenere gli occhi aperti perché i tempi, i denari e certe bramosie possono essere sempre in agguato. Spero di essere contestato: spero che mi si dica “Hai sbagliato” e sarò felice”.
Sintesi dell’ntervento della dottoressa Anna Andreoli. Esponente dell’associazione “Amitiés Franco-Italiennes”. Laureata in diritto internazionale. Studiosa d’arte, letteratura e musica, paladina della difesa della nostra cultura aperta al dialogo con le altre.
Nel convegno ha fatto riferimento alla casa del Petrarca: laboratorio e sito letterario, luogo di cultura e di creatività, evidenziando l’armonia con cui il poeta ha vissuto con la popolazione del contado.
“Nel 1998, l’anno del convegno “Figura ed opere di Francesco Petrarca nel periodo milanese” tenutosi a Cascina Linterno, fu inaugurato a Nantes, in Francia, il “Progetto europeo Arianna” con un seminario su “Les maisons de la memoire”.
Intanto V. Branca, pensando a Certaldo e a Recanati, dedicava lunghi articoli ai “Siti della memoria” ed indicava la strada da seguire per la loro conservazione e soprattutto per la loro valorizzazione culturale.
Base della civiltà è la memoria.
È questo il “filo di Arianna”, le “fil rouge” che dovremo seguire per costruire l’Europa: conservare e valorizzare la nostra millenaria memoria culturale.
Inoltre, quelle di D’Annunzio e Petrarca sono esempi di “case della memoria” create dagli artisti stessi. Petrarca, dalla Valchiusa ad Arquà, ha sempre ricercato con cura spasmodica la casa, vista come rifugio a contatto con la natura, ma anche come “sito letterario”.
A Milano, una tradizione secolare e molti seri e fondati documenti ci parlano di un’antica “grangia” detta “Infernum” – dalla radice germanica “fern” (lontana, discosta) come diceva il professore Nerio de Carlo – che il Petrarca ribattezzò “Linternum”.
Ricordiamoci che Francesco Petrarca proveniva dalla Francia, aveva acquisito proprio dai poeti provenzali il gusto dei giochi verbali e concettuali e questi si ritrovano spesso anche nelle sue prime “Rime”.
Inoltre il Poeta era un attento lettore di Tito Livio, dove è citata la “Villa Linterno” di Scipione l’Africano.
Perché non ci lasciamo guidare da questo “filo d’Arianna”?
Sintesi dell’intervento di Roberto Gariboldi.
Giornalista. Archivista presso l’Archivio storico dei Capuccini lombardi. Autore di libri di storia locale. Coautore del libro “La Certosa di Garegnano”.
Nel suo intervento ha illustrato il connubio di Petrarca con l’ordine certosino.
“Francesco Petrarca è sempre stato in contatto con il mondo religioso del suo tempo, nella sua vita ha avuto amici e anche “datori di lavoro” che erano religiosi, lui stesso, avendo preso gli ordini minori, godeva di alcuni benefici ecclesiastici; inoltre il suo spirito portato alla contemplazione era naturalmente in contatto con lo spirito religioso.
Petrarca ebbe rapporti con religiosi di diversi ordini, ma una particolare predilezione riservò all’ordine certosino; i motivi di questa scelta sono essenzialmente due: l’ordine certosino era quello che più si avvicinava al suo modo d’intendere la vita solitaria, ritirata, dedicata allo studio e alla contemplazione.
I monaci, che vivevano nelle loro celle-casetta, erano la realizzazione di quanto lo stesso Francesco cercava, e la dimostrazione è la sua continua e determinata ricerca, in ogni luogo dove si stabiliva, di una residenza campestre, fuori dalla confusione che già allora aveva la vita cittadina.
La seconda causa di preferenza verso l’ordine certosino era dovuta al 1atto che suo frateIlo minore Gherardo, dal 1343, si era fatto monaco certosino presso la certosa di Montrieux in Provenza. Gherardo viene ricordato nelle cronache dell’ordine per la sua eroicità dimostrata in occasione della pesta nera del 1349, quando fu l’unico superstite della certosa di Montrieux dopo aver amorevolmente curato tutti i confratelIi ed averli sepolti.
Ebbe buoni rapporti d’amicizia anche con l’allora generale dell’ordine Jean Birelle, con il quale ebbe uno scambio epistoIare; quando risiedette a Milano non mancò di visitare spesso i monaci certosini della Certosa di Garegnano, cosi come scrisse in alcune sue lettere.
I certosini erano da lui paragonati ad angeli e le certose erano l’anticipazione della Gerusalemme Celeste, premio finale degli uonini di buona volontà.
Vorrei, anche se esco un poco fuori tema, attirare l’attenzione anche sulla figura di Francesco Petrarca in quanto uomo; generalmente quando si parla di grandi personaggi si tende a non considerare l’aspetto quotidiano della vita dello stesso, quasi fosse una cosa volgare o che il grande poeta o artista non fosse un normale essere umano con le sue debolezze e difficoltà.
Il soggiorno milanese di Petrarca è segnato da avvenimenti importanti per quanto riguarda la sua vita e mi sembra giusto ricordarli, in quanto questo ce lo può restituire più vicino, come un normale essere umano e non solo come un eccelso poeta.
Petrarca aveva due figli: il maschio, il discolo Giovanni, muore venticinquenne a Milano nel 1361 di peste; Ia figlia Francesca si sposa lo stesso anno con il nobile milanese Francesuolo da Brossano; diventa per due volte nonno: nel 1362 nasce Eletta e nel 1366 nasce Giovanni, che muore nel 1368, con grande strazio del nonno.
Proprio in quell’anno Petrarca lascia definitivamente il ducato di Milano per andare a stabilirsi, con figlia e genero prima a Venezia poi ad Arquà.
Per chiudere, vorrei anticipare che nel 2004 cade un doppio anniversario: il settecentesimo della nascita e il seicentotrentesimo della morte.
Stiamo già lavorando affinché queste date non passino senza essere degnamente ricordate a Milano: alla Cascina Linterno e alla Certosa di Garegnano, i luoghi da lui preferiti durante il suo soggiorno milanese”.
Sintesi intervento della prof.ssa Alessandra Manzoni.
Docente liceale. Studiosa d’arte e di storia locale, in particolare della Certosa di Milano. Autrice di pubblicazioni storiche.
Nel convegno ha parlato di Petrarca ed il suo legame con la Certosa descrivendo le caratteristiche del territorio dell’epoca.
“L’opera meritoria dell’associazione “Amici della Cascina Lintemo” che ha organizzato questo convegno è stata quella di impegnarsi a riportare al centro dell’attenzione della città di Milano e del mondo culturale ed accademico l’antica Cascina Linterno, che può essere considerata un “luogo della memoria” in quanto una delle possibili abitazioni di Francesco Petrarca a Milano.
Queste località “simbolo” sono particolarmente importanti per la storia della nostra città e per la cultura, in quanto permettono di fare memoria e rendere ancora attuale il pensiero e l’opera del nostro grande poeta.
Parlare oggi di Petrarca a Milano è l’occasione per citare un altro importante luogo della memoria che sembra essere dimenticato: l’antica Certosa di Milano, che si trova alla periferia della città tra viale Certosa e l’imbocco delle autostrade e che è tornata allo splendore originario grazie ai recenti ed imponenti restauri.
Essa fu visitata da Francesco Petrarca, durante il suo soggiorno milanese, anzi egli stesso ci offre una delle prime testimonianze sull’antico monumento. In una lettera, appartenente al gruppo delle “Familiari”, scritta nel 1357 ed indirizzata all’amico Guido Sette, Arcivescovo di Genova, il poeta descrive la Certosa di Milano che definisce “nuova e nobile” (essa venne, infatti, fondata nel 1349 da Giovanni Visconti, Signore e Vescovo della città) e l’ambiente ad essa circostante. Particolarmente interessante la descrizione della pace campestre, dei corsi d’acqua che attraversavano la campagna e della pace che il poeta poteva gustare in questa sua villeggiatura milanese”.
Sintesi dell’intervento del prof. Marco Baglio. Docente liceale. Studioso di Petrarca e della letteratura delle origini. Collaboratore presso le edizioni scolastiche “Bruno Mondadori”.
Nel suo intervento ha descritto l’aspetto religioso del poeta, tra cultura classica e cultura cristiana.
“Credo che la parola più usata stasera sia “memoria”: evidentemente è la parola da cui non posso non partire anch’io.
Il significato mio di essere qui questa sera è duplice: da un lato il ringraziamento pubblico nei confronti dell’associazione “Amici della Cascina Lintemo” che, come voi tutti avete riconosciuto, sta insistendo su questa “griglia” interpretativa che la memoria va conservata ma che la memoria non è qualcosa di labile, ma si incarna: si incarna in persone e, in questo caso, in monumenti.
Quando Platone racconta il mito di Atlantide dice che il continente perduto, il continente fantastico che non ha lasciato traccia di sè lascia un vuoto incolmabile: la perdita della memoria, dice Platone, è la perdita di sapienza.
Quindi, chi cerca, in qualsiasi modo, di salvare il passato è benemerito, non perché il passato sia per forza migliore del presente, non perché ciò che è classico debba essere per forza ritenuto perfetto, ma perché il passato forma un’identità e il confronto con questa identità ci chiarisce anche l’identità odierna.
Parlare di memoria in letteratura può sembrare strano, ma spesso abbiamo anche un’idea di cultura e letteratura come qualcosa di impalpabile, di etereo. Allora, dedicare un convegno al periodo milanese di Petrarca può invece ricordarci questo: la cultura è fatta di testi nel caso della cultura letteraria e quindi “in primis” dobbiamo apporre i testi e l’opera di Petrarca è un’opera straordinariamente vasta e non basta una vita per analizzarla e capirla.
La cultura si incarna, però, in persone: persone concrete che hanno vissuto, che hanno avuto dolori e gioie…
La cultura si incarna in luoghi. Non dico niente di nuovo, perché uno degli orientamenti più moderni della nostra critica novecentesca è proprio quello che applica alla storia e alla letteratura un criterio nuovo: parlo del “visus” ottico chiedendosi non solo quello che hanno scritto i letterati, ma dove hanno scritto e dove sono vissuti. Perchè il Manzoni può proliferare a Milano, tanto per restare in tema, e perché una lirica italiana nasce in Toscana e ancor prima in Sicilia e perché questo ruolo della Toscana è fondamentale.
Quindi, geografia e storia della letteratura italiana vuol dire chiedersi che cosa ha significato il periodo milanese per Petrarca.
Questo convegno viene, in realtà, a chiudere un anello ideale. All’inizio del Novecento c’era già stato un convegno dedicato a Francesco Petrarca e la Lombardia; un convegno imprescindibile: mi piace ricordare l’intervento di Achille Ratti, allora giovane, studioso presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano e futuro Pontefice.
Achille Ratti in quel convegno fu uno dei primi a prendere in considerazione il cosidetto “Virgilio ambrosiano” un codice ancor oggi in mostra alla Biblioteca Ambrosiana.
“Petrarca a Milano” è complesso come argomento. Abbiamo otto anni intensi; lascio alla lettura degli atti del convegno la risoluzione o meno del quesito “Linterno/Petrarca” ma credo che i documenti riportati sugli atti dagli Amici della Linterno siano significativi in merito.
Quando si parla di Petrarca è sempre difficile capire il vero significato perché lui gioca molto con i termini, gioca molto con un’autobiografia ideale, un’autobiografia legata a luoghi ideali, come si diceva prima, e quindi Valchiusa, l’odiata Avignone, Arquà.
Milano, in particolare la periferia di Milano è sicuramente un luogo ideale per Petrarca.
Qui succede quello che nelle altre città non era successo: Petrarca vive nel cuore del potere ma riesce a fare anche il letterato in maniera straordinaria. Questi sono anni in cui tre fasi di scrittura del Canzoniere vengono elaborati: tre fasi sulle otto o nove che i critici non sono riusciti a concordare. Un periodo al servizio presso la corte dei Visconti ma un periodo di straordinariamente fecondo dal punto di vista letterario. Qui si verificò, quindi, quello che, ad esempio non si verificò ad Avignone. Petrarca amava definirsi “peregrinus” uomo in viaggio senza una sede stabile, segno di modernità di Petrarca se pensiamo quanto il tema dell’esilio è poi presente nella nostra letteratura soprattutto moderna.
Il “pellegrino” invece mette radici a Milano, qui si trova bene soprattutto nella Milano “fuori Porta”, nella Milano agreste ed è un Petrarca che gioca con le parole, perché è chiaro che “Infernum” della lettera al Moggio diventa per lui anche simbolo della discesa agli inferi, quindi una discesa in un luogo che poteva anche piacergli: la discesa agli inferi di Enea e dell’amato (o odiato) Dante, ma poi “Infernum” richiamava anche il nome di “Linternum” una villa di Scipione l’Africano, quindi emergeva ancora questa idea dell’antichità, il richiamo a quella zona nei pressi di Pozzuoli dove gli antichi credevano ci fosse la presenza effettiva degli inferi.
Petrarca è quindi pronto con le parole e con i termini, si costruisce un’autobiografia ideale ma poi è estremamente concreto. Lui ha vissuto e ha scritto.
Io credo che oggi ricordarci di questo criterio nel studiare i testi anche dal punto di vista geografico e questo tentativo molto concreto di dare visibilità e significato a luoghi ben precisi sia un’operazione meritevole di essere sostenuta”.