Omaggio a Camille Claudel.
La splendida favola di Vertumnus e Pomona, celebrata a più riprese nell’arte figurativa moderna, ci presenta una donna sdegnosa dell’amore, tutta intenta ai suoi compiti nella produzione dei frutti.
Vertumnus era una divinità di origine etrusca, assorbita dai Romani, che presiedeva ai cambi di stagione (del resto il suo nome deriva dal verbo latino “vertere”, ossia ‘rivoltare’, ‘cambiare’), mentre Pomona, come suggerisce lo stesso nome, era la dea protettrice dei frutti (da “pomum” = frutto), rappresentata spesso come una donna ‘prosperosa’ e ‘abbondante’.
Vertumnus, a cui Properzio aveva dedicato una famosa elegia (IV, 2), adotta tutti i travestimenti possibili per avvicinarla. Alla fine la convince con questa frase: “Anche la vite, che si abbandona abbracciata all’olmo, se non gli fosse unita, per terra giacerebbe afflosciata. Ma a te l’esempio di questa pianta non dice nulla ed eviti l’accoppiamento, non ti curi di congiungerti”.
Vertumnus e Pomona erano non a caso le divinità preposte ai cambi si stagione, per cui ogni periodo dell’anno è caratterizzato da frutti diversi; la loro storia tuttavia è anche una similitudine del matrimonio: la vite che si appoggia all’olmo, ossia la donna che ha bisogno di un sostegno (l’uomo) per poter prosperare.
Vertumnus prende le sembianze di più metamorfosi, che si succedono fino ad aprire il cuore della dea, che gli offre il suo seno.
Dalla materia informe nasce il miracolo dell’Amore.
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Bassorilievo dipinto ‘Vertumnus e Pomona’. Tecniche miste (2016)
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