IL GRANDE RESPIRO DI MILANO, UN PARCO PER AMICO.
Nel numero di marzo de “Il Rile” mi sono trovato sotto un’imprevista doccia fredda, leggendo l’articolo a piena pagina, a firma Elena Tagliaferri, consigliera di Zona 7, la quale cercava di demolire, punto per punto, l’ articolo “Parco delle Cave: espressione del territorio” pubblicato il mese precedente con le mie considerazioni sulla Commissione Verde e Arredo Urbano del Consiglio di Zona 7, convocata per discutere le problematiche del Parco delle Cave. L’autrice dell’articolo non ha contrapposto, com’è nel suo diritto, le sue tesi in merito. Ha preferito, invece, formulare tutta una serie di pesanti considerazioni nei miei confronti, producendo documentazioni a suo dire “senza ombra di polemica, per il rispetto del suo ruolo istituzionale” ma con l’evidente intento di screditare la mia persona, ma anche chi si riconosce nell’operato dei volontari del Comitato di Salvaguardia Ambiente Zona 7. In ventidue anni di volontariato, in campo ambientale, sociale e culturale, molto onerosi per la mia vita privata ma anche gratificati da riconoscimenti, non mi era ancora capitato di sentirmi “bacchettato” come uno scolaretto disubbidiente. Ho quindi riletto attentamente l’articolo contestato, per cercare di comprendere l’origine di tanto risentimento. In pratica, riscontro che la signora Tagliaferri mi incolpa di avere un’opinione diversa dalla sua, biasimando come “generica, poco analitica, scontata” la mia visione del Parco delle Cave, che avevo definito “espressione del territorio, avvelenato da interessi e da mancanza di dialogo tra le istituzioni”. In particolare, la signora Tagliaferri è risentita per non essere citata tra gli interventi della Commissione, quasi ne fossi obbligato. Quindi, non l’accusa di aver espresso un’opinione negativa nei suoi confronti, bensì quella, sorprendente, di non averla menzionata. Una critica del genere si sminuisce da sola, ma vorrei precisare il motivo, non casuale, di questa mia “dimenticanza”: i luoghi comuni non aiutano a capire le problematiche, per cui ho ritenuto di non menzionare questo breve intervento che, idealizzando una pace (inesistente) tra tutte le associazioni del Parco, è sembrato inconsistente a me e a chi conosce l’attuale clima di conflittualità che si respira nel Parco delle Cave. Anche l’articolo in questione rientra nel clima di aggressive polemiche ben percepibile dopo l’esclusione di ItaliaNostra da ente gestore del Parco e il frazionamento delle convenzioni sul territorio. Le incalzanti bordate proseguono giudicando obsoleti i miei ideali di tutela e rispetto della vocazione originaria, come quelli di chi “si riavvolge sul passato”; quindi la consigliera zonale propone un Parco tutto da riprogettare, in modo “sincrono e sinfonico” con un mondo in trasformazione. Un’analisi che fa sorridere per il conformismo di maniera, ma anche preoccupa. Non si chiede di salvaguardare una perla di grande pregio ambientale, storico e naturalistico, di cui la collettività ha bisogno per ossigenarsi in una una metropoli soffocata dall’inquinamento, bensì, tra le righe, può sembrare quasi che si auspichi un luogo con tante belle attrattive per una escalation di fruizione, anche se Milano ha già parchi attrezzati (Trenno proprio a due passi). Alla signora Tagliaferri, “nel rispetto del suo ruolo istituzionale” rispondo di non considerarmi un vetero conservatore ambientale, ma nemmeno un fautore di montagne di cemento “vista parco”; strade in bitume al posto di quelle sterrate su percorsi secolari che possono essere il segno di una città bimillenaria, rispetto a un Central Park qualsiasi di una città-fungo qualsiasi; chiassosi giochi da Lunapark. Non è dato sapere se a lei potrà piacere la grande festa di fine maggio “Parco in… Comune”, ma per il Comitato di Salvaguardia Ambiente si tratta di un inutile dispendio di risorse, meglio impiegabili per la bonifica di quasi un terzo del Parco precluso alla frequentazione: l’area degradata e meta di spaccio attorno alla Cava Ongari Cerutti. Cemento e Luna Park: pare il titolo di un film… Ma la realtà supera la fantasia e queste fabbriche di inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque e per ultimo ma non meno importante, quello acustico, non sono compatibili in un’oasi ambientale miracolosamente sopravvissuta a Milano: una certezza maturata in tanti anni di volontariato “sul campo” nella consapevolezza che “ruoli istituzionali” o meno, la gente ha bisogno prioritariamente di ossigeno e Natura. Non è finita, purtroppo. La signora Tagliaferri afferma di aver compiuto un’approfondita ricerca presso la sede dell’UNESCO a Roma per appurare che il titolo di “Tesoro del Mondo” attribuito al Parco dei Sentieri Interrotti (il comprensorio del Parco delle Cave e Boscoincittà progettato e gestito da ItaliaNostra) è fasullo! Si tratterebbe quindi, secondo le sue indagini, di una falsa attribuzione da parte di una semplice associazione culturale iscritta ai club “Amici dell’UNESCO” che non poteva elargire alcun tipo di riconoscimento. Queste affermazioni mi hanno spinto a compiere una ricerca approfondita in merito, prendendo il tempo necessario per rispondere, perché un argomento tanto delicato merita un’analisi non superficiale. Non possiamo nasconderci che la posta in gioco è alta. Un Parco “Tesoro del Mondo” merita attenzioni straordinarie rispetto ad un parco urbano qualsiasi. Necessita di “ruoli istituzionali” chiari e determinati nella sua difesa, contro business di comodo, affarismi, clientelarismi, carrozzoni lobbistici e conseguenti devastazioni. Nella ricerca della verità ho avuto la fortuna di trovare persone collaborative, incredule che una figura istituzionale impegni energie per demolire un titolo di prestigio, anziché battersi per la sua salvaguardia. Questi gli esiti, che riporto come mi sono stati riferiti. 1) Diversi documenti ufficiali reperiti su siti Internet appartenenti al dominio
Il grande respiro di Milano vale questa battaglia di civiltà.
Massimo de Rigo
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Parco delle Cave_Tesoro Amici-Unesco (2010)
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