Si tratta di un vecchio sogno che, dopo alcuni ripensamenti, sono riuscito a materializzare nella bottega di Affresco alla Scuola Superiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco. È un’opera materica in cui la pittura mista (olio e acrilico) su tela è stata arricchita nel fondo con scagliola e carta di riso e che vorrebbe rappresentare una divertente scenetta agreste. Il Poeta cammina sulla strada di campagna che da “Infernum/Linterno” porta nelle aree agricole. Vede una bella contadina e le lancia un’occhiata furtiva di ammirazione; a questo punto è la ragazza a fissare alle spalle questo uomo tanto famoso quanto affascinante, ma il marito contadino, armato di forcone, ha visto la scena e appare minaccioso…
Nella pace del contado di Milano, la solitudine amata da Petrarca è apertura al mondo. “Un luogo deserto non ha alcun portiere, alcun custode” dice il Poeta nel suo trattato in prosa terminato a Milano ‘De vita solitaria’ , in cui confessa “sono le folle che mi spaventano come fossero sbarre e chiavistelli. La solitudine, la vita contemplativa, è apertura verso il mondo, non espiazione di qualcosa”. La ricerca di solitudine riflette l’anima del Poeta. Lo era stata a Fontaine de Vaucluse vicino ad Avignone e a Selvapiana tra Parma e Reggio Emilia, lo sarà ad Arquà presso Padova.
Attualmente nota come Cascina Linterno, venne chiamata sino alla fine del ’500 con il nome ‘Infernum’, “In Fern” (luogo remoto, lontano) probabilmente dall’idioma alto germanico dei Longobardi.
Alla Biblioteca Medicea Laurenziana si conserva la lettera autografa di Petrarca “Papiae vicesimus juni ad vesperam raptim” scritta all’amico Modius de Modiis, segretario di Azzo da Correggio, signore di Parma, che ospitò il Petrarca nella residenza estiva di Selvapiana. La lettera porta l’intestazione di Pavia (Papiae) dal castello dove accompagnava il giovane Gian Galeazzo Visconti. Leggendo che il Poeta desiderava ospitare Azzo da Correggio a Milano,si nota la nostalgia per la dimora agreste di Infernum. Nella lettera, datata 20 giugno 1360 “Al calar della sera”, Petrarca cita chiaramente ‘Infernum’: “…aliquot dies, si dabitur, tranquillos rure acturus, cuius ethimologiam tibi committo. Ego quidem Infernum dicere solèo…” (se sarà possibile, trascorrerò alcuni giorni tranquilli in campagna, di cui ti allego l’etimologia. Veramente, sono solito chiamarla Inferno…). “La pace ad Infernum”: una nota ironica del Poeta.