Arte sacra

Madre di Dio della Tenerezza di Vladimir. Originale XII sec. e copia 2011

Madre di Dio della Tenerezza di Vladimir. Originale XII sec. e copia 2011

Icone della Madre di Dio della Tenerezza di Vladimir

‘Il mistero della Madonna Nera di Loreto’
di Massimo de Rigo.

Quattro anni fa, mentre era in fase di elaborazione la nostra pubblicazione “Il viaggio della Vita ad ovest di Milano” mi trovavo a Porto Recanati.
Sopra una bancarella, tra una montagna di libri, vidi un volume sulla Santa Casa di Loreto: l’autore era monsignor Capovilla, già segretario di Papa Giovanni e delegato pontificio a Loreto.
L’attenzione si concentrò sulla foto di misteriose croci di stoffa rossa di epoca crociata rinvenute in epoca recente tra le pietre della Santa Casa.
Mentre in precedenza avevo ironizzato sul leggendario viaggio aereo della dimora di Maria da Nazareth a Loreto, ad opera degli angeli, che l’avevano sollevata dal luogo d’origine, avevano attraversato il Mediterraneo e infine l’avevano deposta dolcemente sulla collina marchigiana, rivisitai la Santa Casa accostandomi a quelle mura umili e all’immagine della Madonna Nera con un sentimento nuovo di sincera commozione.
Da quella bancarella ebbe inizio la mia ricerca che mi ha avvicinato alla figura della Madonna.
Ma la dimora di Maria non era a Nazareth, venerata dai pellegrini nella Basilica dell’Annunciazione?
Per chiarire il mistero ci voleva l’ostinazione di uno studioso che ho conosciuto personalmente, padre Giuseppe Santarelli, un frate cappuccino che ha dedicato la vita a indagare sulla vera origine delle pietre della casetta conservata nel Santuario di Loreto; ha pubblicato libri ed è giunto alla conclusione che la Casa di Maria fu trasportata non via cielo dagli angeli, ma per mare. Questo può spiegare anche la mancanza di fonti scritte nei primi anni: un carico di sassi nella stiva di una nave non fa notizia quanto una casa portata dagli angeli.
Eppure, i conti tornano…
Punto di partenza gli scavi archeologici che aiutano a ricostruire la storia della Casa di Maria.
A Nazareth gli scavi hanno appurato che l’abitazione della Vergine, come altre del luogo, era costituita da una grotta scavata nella roccia, luogo di deposito, e da una casa in muratura antistante, luogo della vita quotidiana.
Per proteggere la Santa Casa i bizantini edificarono una basilica poi ampliata dai crociati.
La data del “trasferimento” della Santa Casa è tra il 9 e il 10 maggio 1291, in una località istriana, a Tersatto, prima di essere nuovamente rimossa e riedificata in una località di lauri (da cui il nome di Loreto) presso Porto Recanati la notte del 10 dicembre 1294.
Nel maggio del 1291 i crociati persero definitivamente la Terrasanta, nonostante l’estrema difesa dei Templari nel porto fortificato di San Giovanni d’Acri.
C’era il rischio che i musulmani si accanissero su uno dei principali simboli della Cristianità: la Casa dove Maria ebbe l’Annunciazione e dove Gesù trascorse l’infanzia.
La testimonianza di un pellegrino, Riccardo da Montecroce, nel 1289 conferma che fino a quella data la Casa di Maria si trovava a Nazareth. Ma nel 1348, quando si reca in Terrasanta un altro pellegrino, Nicolò da Poggibonsi, la Casa non c’è più: resta la grotta contro cui erano appoggiate le tre pareti e che tuttora si venera a Nazareth.
Anche la Santa Casa di Loreto ha solo tre pareti e gli studi archeologici hanno dimostrato che si inseriscono perfettamente con ciò che resta a Nazareth. Le pietre sono le stesse di quelle rimaste a Nazareth e con la stessa datazione.
Chi erano, dunque, materialmente gli angeli che la trasferirono dove ora si trova?
Le croci in stoffa rossa che ho voluto vedere con i miei occhi al Museo di Loreto, la data del “trasferimento”, ma anche la Madonna Nera che viene venerata nella Santa Casa non lasciano dubbi.
Questa fu solo l’ultima delle imprese leggendarie dei Templari, monaci cavalieri dal mantello bianco come gli angeli, che probabilmnte furono di casa anche nella grangia di Linterno, quando via Fratelli Zoia era la “via longa” e corrispondeva ad un percorso che portava a Roma e in Terrasanta durante l’epopea dei pellegrinaggi in Terrasanta nel XII e XIII secolo.
La statua della Madonna Nera di Loreto è una copia di quella originale, distrutta da un incendio nel 1921 che corrisponde misteriosamente alla data rovesciata della translazione…
Gli studiosi hanno appurato che la prima immagine venerata nella Santa Casa era un’icona dipinta in legno, di probabile origine orientale. Potrebbe avere riferimenti alla Grande Madre e a Iside: così come nell’iconografia, a Iside è associata la Luna attraverso le corna che ha sulla testa, la Madonna Nera di Loreto ha le falci di luna sulla veste. Il collegamento tra Maria e Iside potrebbe riallacciarsi ai tre anni trascorsi dalla sacra Famiglia in Egitto, un tema trattato con ricchezza di particolari dal vangelo apocrifo arabo-siriaco.
Molto probabilmente le prime comunità cristiane mediorientali e la Chiesa Copta avevano adottato aspetti e simbologie del culto di Iside a quello Mariano che i Templari trasferirono in Europa.
Caduta San Giovanni d’Acri nel maggio 1291, rimane l’ultima ridotta templare a Chateau Pelerin, nei pressi di Nazareth: immaginiamo l’ultima grande impresa dei monaci cavalieri Templari superstiti che smontano pietra su pietra la Casa di Maria, circondati da un nemico che non dà tregua e la fanno partire via mare alla volta dell’Europa.
Ma perché poi finì a Loreto e non rimase in Istria?
Fu trasferita nelle Marche il 10 dicembre del 1294 quando era Papa Celestino V “colui che fece il gran rifiuto” e non mise mai piede a Roma. Il potere effettivo era esercitato dal suo vicario – Salvo – che, guarda caso, era vescovo di Recanati. Nulla di più probabile, quindi, che questi abbia voluto far approdare le Sacre pietre a Porto Recanati, uno dei principali scali vaticani, ed abbia preteso che la Casa della Sacra Famiglia si fermasse nella sua diocesi.
La Santa Casa e la Madonna Nera di Loreto sono da sette secoli una delle principale mete di pellegrinaggio della Cristianità. Gli atti di un processo nel 1315 testimoniano infatti come Loreto era già un centro di devozione internazionale: l’icona della Vergine col Bambino era circondata torce e immagini di cera.
Ogni anno, la notte del 10 dicembre, sulle colline delle Marche si accendono innumerevoli fuochi che ritrasmettono alle genti il messaggio dell’Annunciazione che ridà speranza all’umanità. Il popolo celebra così il misterioso passaggio di Maria su queste terre in un luogo dovefermarsi, così come accadde la notte del primo Natale. Questi bracieri indicano la via a schiere di pellegrini in marcia e invitano Maria a sostare presso le umili case del popolo.
“Loreto è casa nostra” dicono i pellegrini.
Presso queste pietre i fedeli, peccatori e penitenti, ritrovano fratellanza.
La Madonna accoglie tutti. Come disse padre Colin, fondatore dei Maristi; “Maria è stata il sostegno della Chiesa nascente: lei sarà lo stesso alla fine dei tempi”.
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Ricostruzione del’icona della Madonna di Vladimir (Vladimirskaja) XII sec.

La tradizione vuole che la versione originale di questa Icona sia stata dipinta dal san Luca evangelista su una tavola di proprietà della Sacra Famiglia di Nazareth, quando la Vergine era ancora in vita. Da Gerusalemme sarebbe stata portata a Costantinopoli e posta in venerazione nella chiesa detta dell’Eleousa, fatta costruire da Giovanni II Comneno (1118-1143). Con maggiore probabilità la storia di questa Icona inizia invece a Costantinopoli, quando un “San Luca” (un pio iconografo) la scrisse. Qualche anno dopo l’Icona fu portata in Russia; Luca, Patriarca di Costantinopoli, la donò a Jurij Dolgorukij, principe di Kiev, passato alla storia come il fondatore di Mosca. L’Icona costantinopolitana fu accolta dal principe con il massimo degli onori e venne collocata a Vishgorod, ove, famosa per via dei numerosi miracoli, divenne oggetto di grande venerazione.
L’icona rimase al suo posto fino al 14 dicembre 1918 sopravvivendo miracolosamente ad incendi e saccheggi e ricevendo gli omaggi e le suppliche dei devoti appartenenti a tutte le classi sociali. Alla presenza di questa Icona venivano eletti ed incoronati gli zar. Il nome dei patriarchi della Chiesa ortodossa russa veniva inciso sulla riza che proteggeva l’ampia cornice dell’Icona. L’icona sopravvisse, anche grazie alla sua fama, alla dissacratoria rivoluzione bolscevica, le fu tolta la riza interamente coperta di pietre preziose mentre l’Icona fu restaurata per essere depositata presso il museo di stato della Galleria d’arte Tretjakov di Mosca, dove è rimasta fino all’aprile 1994; successivamente è stata affidata alla rinata Chiesa russa.
L’Icona della Madre di Dio di Vladimir appartiene al modulo iconografico detto “Eleousa” (della tenerezza) ove viene sottolineata la particolare dolcezza che esprimono la Madre ed il Bambino nel loro abbraccio culminante nel delicato contatto delle guance, profondo segno di unità e di vicinanza. Maria, nella fede, esprime la capacità di abbandonarsi in quell’abbraccio, di lasciarsi custodire, dando così voce alle parole del Salmo 17,8: “Custodiscimi come pupilla dei tuoi occhi, proteggimi all’ombra delle tue ali”.

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